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venerdì 2 novembre 2012

NBA: THE SHOW ARE COMING



Southwest
Dallas Mavericks l’ epurazione voluta dal padre-padrone Mark Cuban ha smembrato la squadra che solo due anni or sono ha vinto il titolo. Di una delle squadre sorpresa degli ultimi decenni sono rimasti solo l’ asso Dirk Nowitzki e il sempreverde Shawn Marion (comunque le colonne portanti dei Mavs) mentre hanno abbandonato via via l’ American Airline Center gente come Chandler, Terry, Kidd e JJ Barea che con il loro apporto erano stati fondamentali per la conquista dell’ anello. Dopo la fallimentare stagione passata, dove assi del calibro di Lamar Odom (tornato a LA sponda Clippers) e di Vince Carter, confermato nonostante tutto, non avevano dato l’ apporto sperato (i Mavs infatti sono stati sconfitti 4-0 al primo turno dei play-off da Oklahoma)la rosa è stata notevolmente ringiovanita. L’ ex Memphis OJ Mayo e l’ ex Pacers Darren Collison, oltre ai tre rookies Cunnigham, Crowder e James (curiosa la sua storia visto che è entrato in Nba a 27 anni dopo un passato da sergente dell’ aeronautica e con parecchie missioni in Iraq e Kuwait) dovranno garantire quella freschezza, che amalgamata con l’ esperienza dei vari Brend, Kaman e Curry, porta a Dallas quel giusto mix di incoscienza e malizia che gli dovrebbe consentire un tranquillo approdo allo post season.
Houston Rockets  dopo anni di vana gloria, stagioni terminate sopra il 50% di vittorie ma play-off che parevano un miraggio, la dirigenza texana ha smembrato completamente la rosa (solo 3 i sopravvissuti dell’ ultimo anno). Dopo il colpo Jeremy Lin, arrivato a suon di milioni dopo essere diventato free agent, sui titoli di coda è sbarcato al Toyota Center nientemeno che “Il Barba”, quel James Harden miglior sesto uomo dell’ anno con gli Oklahoma Thunders. The Beard, giocatore in grado di spostare gli equilibri, insieme al fenomeno taiwanese, che con la nascita della Linsanity ha sconvolto il mondo della palla a spicchi a stelle e strisce, e al turco Omar Asik (strappato alle resistenze di Chicago) rappresenta la spina dorsale di una banda di ragazzini terribili dove il più esperto è l’ ex Fortitudo Bologna Carlos Delfino. Ben 11 giocatori infatti hanno al massimo 2 anni di esperienza nella lega e desta curiosità il terzetto di rookies composto dall’ ex trevigiano Motiejunas, da Royce White e Terrence Jones (tutti scelti al primo giro). Probabilmente raggiungere i play-off, vista la concorrenza che c’è a Ovest, sarà difficile  ma il futuro per i Rockets (24,1 l’età media) è sicuramente roseo.
Memphis Grizzlies solitamente si dice che non c’è il due senza il tre ed è per questo che al FedEx Forum tutti si aspettano un'altra stagione ampiamente positiva. Dopo una semifinale di conference (sconfitti a gara 7 dai Thunders) e un altro positivo turno di play-off contro i Clippers l’ anno scorso (eliminazione sempre a gara 7) nel Tennessee ci si aspetta quanto meno di eguagliare la stagione passata anche perché la squadra è sostanzialmente rimasta invariata. I pezzi da 90 come Randolph, Gay, Gasol e Conley non si sono mossi e l’ unico ad aver abbandonato la nave è stato Oj Mayo, direzione Dallas. Al posto dell’ ex prodotto di Southern California (compagno di squadra del senese Daniel Hackett) sono arrivati l’ ex Portland e Toronto Jerryd Bayless e il rookie Tony Wroten dai Washington Huskies, giocatori dal talento innato ma ancora acerbi ad alti livelli. Se questi due giovani prospetti garantiranno minuti di qualità allora per Memphis si prospetterà l’ ennesima stagione da sogno…
New Orleans Hornets   basterebbe un nome ed un cognome per racchiudere questa franchigia, anche perché in verità c’è poco altro da salvare. Anthony Davis, prima scelta al draft di quest’anno, è giocatore vero e futuro top player. Già nell’ ultima amichevole preseason ha dimostrato il suo valore (24 punti, 11 rimbalzi e 3 stoppate contro gli Heat) e se alternerà un rendimento costante sia difensivamente che in attacco allora alla New Orleans Arena ci sarà da divertirsi. Oltre al mitico ”monociglia” attenzione a Austin Rivers, scelto al numero 10 da Duke, figlio del coach di Boston e a Darius Miller, compagno di Davis  nei mitici Kentucky Wildcats, che dovrebbero rivelarsi due giovani alquanto interessanti. Il ritorno dall’ infortuno dell’ ex Clippers Eric Gordon e l’ arrivo da Orlando di Ryan Anderson forniscono la giusta esperienza per un gruppo pieno di talento ma ancora troppo acerbo per puntare in alto.
San Antonio Spurs grande squadra, grande tecnico, grandi individualità ma ripetere la stupenda stagione passata (almeno fino al filotto di 10 vittorie di fila nei playo-off) parrebbe alquanto arduo. L’ età, 101 anni, e gli acciacchi dei big three (Duncan, Parker e Ginobili) aumentano sempre di più e faticano quindi a sopportare il peso della squadra su vecchie e logore spalle, anche se signore spalle. Green, Leonard e Blair rappresentano la linfa vitale di questa squadra di vecchietti terribili, ai tre già citati aggiungiamo il veterano Stephen Jackson, il francese Boris Diaw e Matt Bonner, che sicuramente darà del filo da torcere a tutti ma troppo fragile (fisicamente si intende) per arrivare all’ atto finale. 

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